I talibani sono pronti al negoziato sull’Afghanistan. Così é stato affermato subito dopo l’apertura di un ufficio di rappresentanza in Qatar.
Benche’ Kabul abbia salutato questa nuova piattaforma di dialogo, i talibani puntano alle trattative con gli Stati Uniti bypassando il governo fantoccio di Karzai.
Secondo Washington, punto di partenza per le trattative deve essere il riconoscimento della Costituzione afghana del 2004, frutto della presenza atlantica nel paese. Il che significherebbe che i talibani riconoscerebbero anche il governo Karzai. E cosi’ l’idea viene respinta.
(Photo: EPA)
La disponibilita’ al dialogo, ha sottolineato il portavoce dei talibani, Zaiulla Mugiahid, non ha niente a che fare con il riconoscimento dell’attuale governance di Kabul. Non vuole dire inoltre rinunciare alla jihad.
E’ evidente che gli Stati Uniti non vorrebbero lasciare il paese con una missione incompiuta. Non finire la guerra significa perdere la faccia e riconoscere la sconfitta.
Nel contempo proprio questo giovedi’ la Cia, con un folto rapporto ha constatato che la situazione in Afghanistan e’ venuta a trovarsi in un vicolo cieco.
Ogni tentativo, si legge, di consolidare la sicurezza rafforzando il contingente americano, si arena per la corruzione e la mancata professionalita’ delle strutture afghane, oltre le operazioni dei talibani che colpiscono dal Pakistan.
Per cui viene ammessa la possibilita’ che la leadership afghana non sara’ in grado di tenere le redini del potere dopo il ritiro delle truppe afghane e quando saranno sospesi gli aiuti dall’estero.
Un commento del politologo Serghej Demidenko, dell’Istituto di analisi strategica:
"Anche se ci sara’ un’intesa fra Stati Uniti e gli islamisti moderati, non bisogna dimenticare l’influenza di cui godono i radicali. Il che voul dire che questo accordo non potra’ garantire la sicurezza nel paese. Karzai se ne andra’, e in Afghanistan non vediamo nessun politico in grado di consolidare almeno una parte della societa’."
Per cui con il ritiro delle truppe atlantiche, cambiera’ poco.
Seguiranno ancora anni e anni di caos profondo.
Originariamente pubblicato su La Voce della Russia