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A Roma nel 2013

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Autore: Flavio Gori


Roma: nei primi mesi dell'anno 2013 ci troviamo in una situazione che raramente si è verificata:

- il papa si è dimesso;

- a seguito delle elezioni politiche, abbiamo un parlamento di complessa decifrazione e che quasi tutti gli osservatori nazionali e internazionali, definiscono a rischio ingovernabilità.

 

 

 

Le due rive del Tevere sono in affanno, un affanno che raramente si è visto nei 2000 anni precedenti. Entrambe sono sotto scacco da parte di situazioni, una esplicitata dal suo massimo rappresentante e l'altra creata apparentemente da una personalità del mondo dello spettacolo e dal suo travolgente credito elettorale, in grado di creare precedenti non facili da analizzare e ancor meno facili da predire sulle loro evoluzioni future.


Due parole sull'oltretevere

Papa Benedetto 16° è arrivato alla carica circa 8 anni fa, facendo seguito alla morte di Giovanni Paolo II, un predecessore importante, che aveva regnato dal 1978 e quindi aveva attraversato un periodo di grandi cambiamenti politici e sociali a livello mondiale, che egli aveva in qualche modo se non reso possibili, certamente non ostacolato, nonostante gli attentati e gli acciacchi che aveva dovuto sopportare, peraltro con forza indomita.

Benedetto 16° è una persona diversa: più teorico e meno interventista del predecessore. Soprattutto meno adatto alla platea mediatica e più propenso allo studio, alla scrittura, alla ricerca. Forse anche meno conoscitore dell'ambiente romano, il che potrebbe non averlo facilitato nei rapporti interpersonali, così almeno sussurrano alcuni vaticanisti.

Ma a parte questi aspetti di cui solo gli storici del ramo potranno forse dire qualcosa di sicuro, il punto che mi pare predominante, non è tanto sul fatto se è vero oppure no che Papa Ratzinger si sia trovato impossibilitato a cambiare per come avrebbe desiderato la chiesa cattolica, liberandola dagli scandali che da troppi anni l'avvolgono in un abbraccio sempre più perverso, pervasivo e in grado di demolirne l'immagine.

No, il punto fondamentale, a mio parere, l'ha toccato, scritto e poi letto direttamente Benedetto 16° quando ha inopinatamente (per molti) annunciato le sue dimissioni: non si sente più in grado di sedere sulla poltrona di Pietro, sia da un punto di vista “fisico che d'animo”.

Per me che non ho competenze nel ramo ma ascolto con i miei filtri, siamo davanti a una dichiarazione esplosiva. Com'è possibile che colui che sulla terra è il rappresentante di Dio e quindi da esso stesso scelto, non abbia dentro di sè sufficiente forza fisica e d'animo per portare a compimento il lavoro per il quale è stato scelto del Creatore e quindi da lui riceve le forze necessarie per portarlo a termine?

Pur essendo entrambe le forze menzionate dal Papa fondamentali, com'è umanamente pensabile che un Papa non abbia dentro di sé la forza d'animo per portare avanti il proprio compito?

Mi pare che siamo davanti a un paio di contraddizioni che possono mettere a rischio l'essenza stessa del Vaticano e della religione cattolica e pertanto invito tutti coloro che stanno leggendo a una riflessione introspettiva, prima che pubblica. Ci sarà tempo per renderla pubblica, quando le considerazioni saranno sufficientemente valutate e soppesate.


Dunque il Papa si dimette e se questo fosse invece per questioni attinenti agli scandali di cui la chiesa romana è da anni investita, sarebbe forse la dimostrazione che Ratzinger non si ritiene in grado di gestire il problema, evidentemente enorme e ritiene necessario un papa più giovane e forse anche più deciso.

Questo renderebbe chiara la portata del problema ma più che esser un atto di debolezza da parte del Papa tedesco, lo vedo come un grande scrollone alla chiesa vaticana, alla quale ora è affidato il compito di trarne le conseguenze e trovare il coraggio di autoriformarsi per tornare agli insegnamenti di Gesù, per trovare i quali, si fa sempre più fatica tra le silenziose, impenetrabili e ovattate mura romane. Da questa prospettiva, vedo il gesto di Benedetto 16° come un grande regalo alla sua chiesa. vediamo se questa saprà approfittarne.

Tra poche ore inizierà l'assemblea dei vescovi dalla quale uscirà il nuovo Papa e a quel punto potremo capire qualcosa in più in relazione a quanto la chiesa avrà deciso di seguire il suggerimento di Papa che si è dimesso, lasciando un vuoto di potere e un pieno di sgomento, che sarà necessario affrontare subito.



Due parole sull'aldiquà del tevere

Dall'altra parte del Tevere, dopo anni e forse decenni, di politica da cabaret dove i nostri politici e persino ministri e presidenti del consiglio sono stati oggetto non solo di satire taglienti, ma anche di ostracismi a livello di politica e istituzioni a livello internazionale, si era addivenuti a una sorta di patto: dimissioni di un governo impresentabile e

incapace di risolvere i problemi in cui si dibatteva il nostro Paese, in cambio di un governo formato da ministri che non facevano parte di alcuno schieramento politico (almeno ufficialmente), capitanati da Mario Monti, un tecnico di cui a Bruxelles si parlava molto bene. Per qualche motivo che al sottoscritto tuttora sfugge, il Presidente delle Repubblica si sentì in dovere di nominarlo senatore a vita, poche ore prima dell'investimento a capo del governo.

Nei mesi seguenti, il governo che passerà alla storia come tecnico, non ha avuto risultati univoci. Se da un lato ha fornito la base per arginare l'attacco a cui i mercati borsistici internazionali stavano sottoponendo il nostro Paese, questo argine è stato amaramente pagato dalle classi medio-basse, non distinguendosi (se non in peggio) da ciò che altri governi politici avevano fatto, negli anni passati.

Essendo però in atto una recessione molto forte, con perdita di mercato esterno e interno, con conseguente evaporazione di posti di lavoro con percentuali da brivido, le politiche sul lavoro e del welfare messe in atto dal ministro del lavoro e supportate dal governo tecnico, hanno portato più disperazione che speranza. Questo è un atto che resterà nel Dna di questi ministri.

Disgraziatamente, anche questo governo, per nascere e vivere, ha avuto bisogno della maggioranza dei voti dei partiti in parlsamento e per questo si era costituita una maggioranza schiacciante, ma composta da rappresentanti di destra e del centro sinistra che sono andati a formare una delle più improbabili maggioranze che questo Paese abbia mai visto.

E' evidente che quanto ha legiferato il governo, non poteva gratificare entrambe le parti politiche. Sotto certi aspetti possiamo dire che nessuna delle parti in causa può dirsi soddisfatta, seppure il centro sinistra potrebbe esser considerato quello che meno ha guadagnato dall’aver sostenuto il suddetto esecutivo, visto le leggi che sono state poste in essere. Questo nonostante che il premier nelle sue prime settimane di governo, ripetesse come un mantra una parola che nelle sue ultime settimane di potere aveva bandito dal suo lessico: equità.

Allo stesso modo possiamo dire che ben pochi degli elettori rappresentati dai partiti che componevano la maggioranza governativa, possono sentirsi soddisfatti delle decisioni prese da questo governo.

Quando uno dei partiti che sostenevano la maggioranza ha capito che il rischio era superiore al vantaggio (elettorale), ha deciso di interrompere la sua partecipazione, decretando la fine del governo tecnico. In barba alle previsioni espresse sino  ad allora da giornalisti, economisti e analisti finanziari, il sempre evocato spread a quel punto si è abbassato parecchio, dimostrando che la presenza del governo tecnico, era meno importante e benedetta a livello europeo e mondiale, di quanto si dicesse in certi ambiti.

Le conseguenti elezioni, anticipate da mesi di sondaggi che gratificavano le attese del partito principale del centro sinistra, hanno invece decretato una situazione di stallo dovuto al fatto che la coalizione PD-SEL (Partito Democratico – Sinistra e Libertà) ha si vinto, ma in maniera frazionale, mentre la coalizione di centro destra PDL-Lega (Partito delle Libertà – Lega Nord) ha ottenuto un'inaspettata performance e il Movimento 5 Stelle ha fatto un incredibile balzo, passando a essere il primo partito d'Italia!

Questa difficoltà di creare una nuova maggioranza è figlia del successo del Movimento 5 Stelle che ha preso elettori sia a sinistra che a destra, senza scalfire granché la compagine assenteista che resta il primo partito italiano. Ma il motivo per cui questo è avvenuto trae le sue radici in decenni in cui i vari partiti che si sono succeduti sulla scena italiana, sembravano avere come scopo l’accettazione da parte dei mercati, delle banche, nonché la propria sopravvivenza, più che risolvere i problemi endemici o meno del nostro Paese. Sembrava che tutto potessero permettersi, gli sprechi più inutili che non starò qui a rammentare e in effetti, così è stato per tanti anni.

A un certo punto, un Movimento nato quasi per scherzo, è arrivato a coagulare intorno a sé il 25% della popolazione votante. Se consideriamo la pigra situazione della politica italiana, siamo davanti a una rivoluzione, evento da noi storicamente bandito.

Una rivoluzione a cui ha contribuito in larga parte la disaffezione nei confronti dei partiti di centro sinistra e centro destra, le cui scelte di fondo, come l'uso smodato del territorio e dell'ambiente, il tipo di sviluppo industriale per il futuro legato a doppio filo con le grandi opere, i rapporti con l'europa, le banche, sono sostanzialmente gli stessi.

Si potrebbe forse dire che mentre la destra ha usato questo tipo di sviluppo per fare soldi, il centro sinistra si è inserito sullo stesso filone avendo come salvacondotto elettorale la creazione di posti di lavoro.

Un po' poco per marcare una differenza di impostazione tra destra e sinistra, anche considerando gli esempi negativi che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, da sud a nord della penisola e che potrebbero essere alla base delle percentuali di voto che sono emigrati dai partiti tradizionali al M5S, anche in regioni da tempo a guida centro sinistra.

In realtà sono anni che queste scelte di fondo sono fin troppo simili e senza quindi avere una diversa proposizione di futuro, ma gli elettori non sembravano troppo preoccupati, nonostante un sempre maggiore afflusso verso il non voto. Questo era probabilmente dovuto all'assenza di un catalizzatore di questa delusione poi col tempo e l'inazione dei partiti tradizionali trasformata in rabbia. Una volta che si è proposto un elemento abbastanza credibile e che parlava la stessa lingua della protesta montante, tanto da fungere da catalizzatore della rabbia comune, il movimento da questi creato ha avuto un sorprendente aumento di voti a livello nazionale, tale da portarlo in poco più di 3 anni, da zero a essere il secondo partito a livello nazionale.

I risultati delle elezioni di febbraio 2013 hanno però presentato un conto amaro: 3 aree politiche raggiungono sostanzialmente gli stessi risultati e rendono di fatto ingovernabile il Paese. Vedremo se e come riusciranno a trovare un minimo di accordo per riuscire a fare alcune leggi che rendano possibili pochi atti fondamentali, ad esempio una nuova legge elettorale, per poi tornare alle urne sperando sia raggiunta una maggiore chiarezza sui ruoli che i partiti dovranno svolgere.


E' comunque interessante che sia la politica italiana che quella vaticana, raggiungano un apice di grande crisi, foriera di sconvolgimenti storici, nelle stesse settimane. Come a dimostrare l'inadeguatezza di scelte di fondo che ormai da troppo tempo erano portate avanti più da élite di palazzo che dalla politica vera e alta, quella concordata con la gente, gli elettori, che pure dovrebbero avere voce in capitolo, visto che a loro ci si riferisce nelle dichiarazioni dei due governi e che questo richiede un regime democratico, per esser davvero tale.

Si tratta forse di una crisi del sistema romano?

Ultimo aggiornamento Mercoledì 06 Marzo 2013 09:27