Lo Scrittoio

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri

Transizioni su piani inclinati

E-mail Stampa PDF

Siamo quindi giunti al punto di aver formato due piani inclinati verso direzioni opposte:

. umani sempre meno pensanti

. macchine sempre più pensanti.

**

La creazione di macchine in grado di imparare e tendere a riprodurre un’intelligenza simile a quella degli esseri umani (e magari superarla), ha spesso solleticato la fantasia di scrittori di fantascienza e di scienziati, oltre che della gente comune. Si tratterebbe in effetti di un evento Storico, con la ‘S’ maiuscola.

Non si può nascondere che nel secolo breve molti passi avanti si sono fatti in questa direzione, anche se probabilmente le macchine hanno ancora bisogno di un decisivo intervento umano – almeno iniziale – per dare il loro meglio.

Detto questo è interessante anche una riflessione sul tipo di intelligenza che le macchine sono in grado di mostrare e auto produrre, rispetto a quella umana.

Se consideriamo i miglioramenti fatti negli ultimi anni e la velocità con cui tali miglioramenti arrivano, è fantascienza pensare che i robot saranno in grado di superare la nostra intelligenza? Probabilmente il punto di transizione cruciale, il salto di qualità decisivo, è stato l’implementazione della capacità per i robot di imparare dai loro errori, aspetto che ormai da qualche anno gli algoritmi creati (da esseri umani e da computer) sono in grado di mettere in atto.

Vista la velocità di miglioramento che i robot sono in grado di offrire, i tempi necessari all’aumento dell’intelligenza delle macchine, sarà incredibilmente inferiore a quella che è stata necessaria al genere umano per arrivare dove oggi siamo (ammesso che sia il punto più alto della nostra intelligenza).

Una volta raggiunto e magari superato questo traguardo, cosa faranno - del genere umano - le macchine? Quello che noi facciamo agli animali, o alle piante?

E’ un’ipotesi da non scartare a priori e che potrebbe farci pensare all’utilità di studiare con maggiore umiltà l’intelligenza delle altre forme di vita naturale presenti sulla Terra, anziché valutarle solo con l’occhio che vede l’intelligenza umana come riferimento, banalizzando tutte le altre.

In questo modo potremmo studiare forme di alleanza con gli animali, anziché torturarli e ucciderli, col fine di migliorare la vita sul pianeta e del pianeta.

 

Misurare per premiare.

Nella seconda metà del secolo da quasi due decenni trascorso, l’essere umano ha pensatodi misurare le attività dei propri simili, qualunque esse fossero, con lo scopo dichiarato di valorizzare il merito e penalizzare il de-merito. Questo è stato particolarmente utilizzato nel settore lavorativo per premiare qualcuno e penalizzare qualche altro, a volte indipendentemente dalla qualità del loro lavoro, ma piuttosto sulla base della fedeltà al capo di riferimento: gli aspetti scientifici e social/politici si incontrano.

Per misurare ancora meglio le rispettive attività, per fare in modo che fossero ben misurate e che le misurazioni non dessero adito a controversie, si sono create le procedure, ovvero quel che si deve fare passo - passo per portare a compimento un certo lavoro, in genere ripetitivo:

Quanto più si moltiplicano le procedure, tanto meno servirà l’ingegno umano, nel contempo si espande il regno dei medi - quando non dei mediocri - aprendo la via all’automazione, il tutto a danno della qualità dell’ingegno umano, del suo allenamento e del riconoscimento del suo valore.


Questo ha avuto un risultato immediato a favore dell’azienda: con le procedure mi libero dell’importanza di dipendenti troppo bravi, che quindi non potranno più chiedere aumenti di stipendio ma anche di impiegati poco redditizi, coi quali avrò due possibilità: insegnar loro a seguire passo passo le procedure, oppure liberarmene col supporto dei dati forniti dalle procedure.

Grazie a esse nessuno sarà più indispensabile. Potrò dire ai miei dipendenti: tu non sei pagato per pensare, minando il loro amor proprio e magari portandoli a non pensare anche fuori dall’ambito lavorativo, accettando che altri pensino e organizzino la loro vita.

Posso testimoniare di aver ascoltato qualche dirigente pronunciare simili parole, senza capire che sarebbe arrivato presto anche il suo momento per sentirsele dire.

Pensare di salvarsi sulle spalle di altri, oltre che eticamente spregevole, spesso non aiuta: dividi e impera è sempre in auge. Anche se non sempre si capisce di essere la prossima vittima.


Procedure e professioni

Con le procedure andate a regime si apre la strada a macchine che potranno svolgere quel lavoro non solo al posto degli impiegati, degli operai, ma in realtà a qualunque tipo di lavoratore che debba effettuare un’attività tecnicamente classificabile e inquadrabile: anche quello di un chirurgo che si accinge a intervenire su un qualsiasi organo umano, basandosi sulla procedura prevista da un’istituzione professionale riconosciuta, o un notaio che debba operare su un qualsivoglia contratto di compra-vendita e che debba evidentemente rispettare leggi e regole ben definite.

Certo non sempre è così semplice: se da un lato sembra più facile premiare chi più vende, rispetto a chi meno vende (parliamo  di un qualunque settore merceologico), non è altrettanto facile stabilirne la qualità e dunque le ripercussioni che le vendite hanno sulla percezione del valore del marchio da parte del pubblico.

Ad esempio il venditore X vende il doppio del venditore Y, ma non ha altrettanta cura del cliente, tende a raccontare balle per accaparrarsi il cliente e sparisce nel post vendita.

Il venditore Y vende meno, ma instaura un rapporto col cliente basato sulla fiducia, è presente e aiuta il cliente qualunque problema abbia prima e dopo la vendita. Il marchio che Y rappresenta ha un vantaggio da questo venditore, mentre non lo ha dal venditore X. Alla medio-lunga distanza, qual è il venditore più bravo? Qual è il venditore da cui il marchio trae maggiore beneficio?

Per limitare l’importanza di chi vende (dipendente o collaboratore esterno), alcuni produttori hanno utilizzato una pubblicità molto aggressiva che espone direttamente nella comunicazione pubblicitaria verso i clienti il prezzo minimo di messa in vendita di un certo prodotto, riducendo di molto l’importanza della capacità di trattativa di un venditore, che pertanto si vedrà ridotta anche la sua forza contrattuale nel richiedere un maggiore (o mantenere il precedente) guadagno da parte del proprietario dell’azienda.

In questo modo la professionalità degli addetti alla vendita (non a caso non più chiamati venditori) viene messa in seconda fila, diventa meno importante. In questa fase i mediocri diventano più utilizzati e chi ha capacità e merito deve rinunciarci per mantenere il posto di lavoro, spesso a stipendio diminuito.

Altre questioni interessanti si possono trovare, ad esempio, in settori meno misurabili, come quello dell’insegnamento o della ricerca: come stabilire il punteggio più alto? Con il numero dei promossi, nel caso dell’insegnante, o in quello dei laureati a fine percorso?

O piuttosto nella capacità di sapersi districare approcciando ragionamenti complessi, seppure non direttamente dipendenti dalla materia in questione, dimostrando la capacità dell’insegnante di aprire, di allenare la mente dei suoi allievi? E una mente aperta e allenata darà risultati migliori anche nella materia in questione a breve, medio o lungo termine? O è forse preferibile che menti così aperte e in grado di ragionare non ve ne siano troppe al di fuori di un certo ambito?

In casi di questo tipo, l’organizzazione di corsi di studio ad hoc, magari in Università private e dal canone molto alto, servono perfettamente allo scopo.

Ridurre tutto a una misurazione nel brevissimo o breve periodo, potrebbe significare un pericoloso inaridimento della mente dello studente. Questo potrebbe limitare l’attenzione al risultato immediato, magari molto ben approfondito ma che perde di vista il disegno generale e quindi la capacità di unire certi specifici risultati in un disegno più generale, se non l’interesse a sondare nuovi percorsi.

Questa è giusto l’idea che mi sono fatto parlando con alcuni neo laureati in varie discipline: l’incapacità di ascoltare ipotesi alternative da ciò che essi hanno studiato nel loro percorso di studi. Essi spesso desiderano solo ripetere ciò che hanno imparato. E che non sia messo in discussione.

Ma se così avessero fatto tutti i loro predecessori, saremmo ancora convinti che la Terra è piatta.

Qui da noi c’è poi un sottobosco di non scienziati (talvolta ricercatori amatoriali) che ambiscono ad essere accettati dalla comunità scientifica e per farlo non trovano di meglio che assecondare il flusso principale della scienza, ben guardandosi dal proporre ipotesi alternative. Spesso combattendo a priori chi ci prova. Un altro modo per far germogliare la mediocrazia (1) restando nello status quo.

Avendo avuto una lunga militanza di collaborazione col Centro di Volo Spaziale di Goddard (NASA-Inspire Project), posso dire che per fortuna non tutti seguono certi esempi di chiusura mentale (e forse anche per questo molti italiani vanno all’estero per i loro progetti di ricerca). Chiusure mentali che finiscono per riverberarsi anche in altri ambiti della vita sociale, come la politica. I risultati sono davanti ai nostri occhi, almeno da una trentina d’anni.


Generazione Excel

D’altro canto il commercio esisteva anche prima della Generazione Excel, formata da quei dirigenti che paiono convinti (come i loro azionisti) che tutto si risolve nel:Devi fare più fatturato. Lo dimostrano i grafici di Excel. Riecco che si fa vivo il potere delle macchine, dei computer che va oltre le capacità – talvolta persino le convenienze - umane.

E naturalmente anche nel campo della ricerca, potremmo porci domande di questo tipo e in generale in ogni ambito creativo: la libertà deve essere totale o dobbiamo stabilire limiti (recinti) all’immaginazione, in modo che sia più facile determinarne una misurazione e stabilire chi più merita (e conferma le teorie e i poteri vigenti), seppure rischiamo di inaridireil pensiero umano e quindi la ricerca?

Ma un chi più merita così misurato, ha una qualche corrispondenza con la realtà o è solo un metodo per circoscrivere la creatività a favore di un qualcosa di misurabile e controllabile? E se così fosse, quali sono i vantaggi nel mondo reale?

Forse una scienza che aiuta nella maniera più rapida possibile l’industria, ma non sarebbe anche più arida e incapace di sondare nuove vie, nuove ipotesi, nuovi e innovativi traguardi, se non rivoluzioni scientifiche e culturali? O forse è proprio questo che si vuole allontanare per ossequiare l’attuale potere? E se un altro Paese non limita il pensiero dei suoi ricercatori, potrà in seguito avere il sopravvento su chi invece vuole recintare la ricerca, seppure quest’ultimo si trova in posizione inizialmente di vantaggio rispetto all’altro?

Domande non astruse e direi quasi naturali, per un osservatore medio, ma che pongono all’attenzione il fatto che nonostante tutto questo, da una 40ina d’anni si è preferito misurare sempre di più e di tutto. Recintare sempre di più.

Questa misurazione ha, come importante effetto collaterale, portato gli esseri umani verso un’organizzazione del pensiero più prossimo a quello delle macchine. Abbiamo avvicinato gli umani al sistema macchina.

Come se, non riuscendo a portare le macchine al nostro livello, avessimo deciso di portare gli esseri umani (o parte di questi) verso di loro per rendere più vicina l’integrazione uomo-macchina.

Questo fatto comporta necessariamente una diminuzione della creatività pura dell’essere umano. Comporta una visione più sicura,precisa, esatta (almeno per l’idea che noi abbiamo della matematica che usiamo), ma soprattutto circoscritta, col rischio di essere ingabbiata da ciò che la matematica traccia, indica e prevede. La creatività pura, la filosofia pura e speculativa, la cultura classica, umanistica, non viene più apprezzata perché è difficilmente misurabile, controllabile e quindi viene di conseguenza messa da parte, emarginata, possibilmente nascosta.

Certo non viene facilitata, né incoraggiata, al contrario sempre più spesso si cerca un modo per renderla classificabile e quindi misurabile in base a schemi che si è scelto essere matematici e quindi più prossimi ai computer che pertanto potrebbero avvicinarsi a poter svolgere e quindi sostituire anche professioni umanistiche. E’ un bene?

Quali sono, se ci sono, i vantaggi a portare la creatività umana verso un livello inquadrabile (se non minore) ma misurabile? Quali gli svantaggi nel breve e nel lungo termine? E a cosa ci serve misurare le attività umane in sé stesse?

Questa strategia misurativa porta successive problematiche: trascorsa una generazione di ricercatori, con le facoltà universitarie ormai in mano a docenti allevati con questo sistema di misurazione e insegnamento, quali ripercussioni avremo a lungo e lunghissimo termine? Ci sarà ancora qualcuno che ricorderà la filosofia pura e speculativa o saremo già tutti inseriti nel pensiero al guinzaglio? E lo saremo davvero tutti o saranno mantenuti istituti del tutto liberi ma a cui potranno accedere solo alcuni studenti?

In questo modo avremo una situazione non del tutto dissimile dalle facoltà di economia che verso negli anni ’70 del secolo scorso sono state attaccate dal virus del neo liberismo assoluto, che non ammette deviazioni, tantomeno alternative. Neanche di principio.

Una volta che quegli studenti diventeranno docenti, coinvolgeranno anche i loro studenti col virus liberista e trovare un docente portatore sano, non sempre sarà facile in buona parte del mondo occidentale e forse anche nel resto del pianeta. I risultati di questo pensiero unico sono oggi visibili a tutti (coloro che vogliono farlo).

Ecco che allora la libertà di speculare (non in borsa, ma nella mente filosofica) diventa essenziale e d’aiuto per tutti, anche e soprattutto per chi la pensa diversamente e trova magari più semplice aderire al pensiero dominante, in genere banalizzando il resto.

Non va dimenticato però un altro tipo di rischio: la ricerca scientifica pura, senza tener conto delle ricadute sull’etica, a cosa può portare, ad esempio, nel campo medico e informatico?

Siamo certi che debba essere sempre e comunque portata avanti? Anche se non siamo in grado di prevedere gli sviluppi futuri dai quali non è detto che si possa tornare indietro?

Ecco che si riaffaccia la necessità di una ricerca supportata dalle scienze umanistiche e non solo dagli algoritmi tesi al risultato immediato.

Ma come abbiamo visto negli ultimi decenni, il rischio di cui sopra, non è patrimonio esclusivo della ricerca libera sempre e comunque. Anzi, in svariati esempi di ricerca finalizzata, abbiamo a che fare con risultati che potrebbero mettere a repentaglio la Natura e quindi noi stessi. Motivo? Il guadagno immediato? Il controllo sempre più pervasivo? Un mix dei due? Altro ancora? Vedremo, se avremo gli occhi aperti.


Misurare archiviando grandi quantità di dati

Un altro aspetto ultimamente dirimente per la realizzazione dell’Intelligenza Artificiale è dato dal possedere (e correttamente analizzare) grandi quantità di dati/preferenze personali, in particolar modo relativi ai comportamenti delle persone di fronte a un medesimo avvenimento, che può/deve essere di qualunque tipo, in modo da far elaborare la migliore risposta da parte di un robot e simulare la reazione di maggior resa, in base a ciò che si desidera ottenere.

Ecco che la logica di acquisire ampie masse di dati (dai social network, ad esempio) assume un’importanza ulteriore. E contemporaneamente si capisce meglio il motivo per cui l’ingresso e l’uso di questi social network è apparentemente gratuito: ciò che si cerca (oltre agli aspetti commerciali, giustamente spesso messi in risalto) sono i dati ultra necessari per far evolvere il comportamento umano negli umanoidi, col fine di renderli indistinguibili da un essere umano, cosa che avviene già per alcune voci ben sintetizzate e in grado di interloquire con umani, al punto che quest’ultimi non si rendono conto di parlare con un robot (nel caso specifico una macchina creata dagli ingegneri di Google). (2)

Tutto questo almeno fino a quando la chimica non metterà a disposizione un materiale molto simile alla pelle umana.

Il che pare già essere in atto in alcune parti del mondo, tanto che in diverse città sembra che siano state rilasciate (non senza proteste etiche di vario tipo) licenze per aprire case d’appuntamenti dove le lavoranti sono robot. Evidentemente sono in grado di rispettare anche questo tipo di procedure. (3)


I piani inclinati

piani inclinati di cui si parlava nella prima parte, stanno permettendo di raggiungere risultati ritenuti impossibili solo pochi anni fa. Tutto questo ci porta a considerare la necessità di valutare, analizzare, considerare il cammino della ricerca con occhi che non siano soltanto quelli dell’informatico, dell’ economista, dell’avvocato, degli azionisti di grandi corporation dediti al vantaggio economico immediato, curandosi un po’ meno delle implicazioni etiche e ormai anche dello stesso futuro della classe media e dell’intera umanità.

Questa necessità è impellente ma se invece qualcuno deciderà di proseguire su questa strada, allora teniamo presente che il reddito di cittadinanza (o come lo si vuol definire), sarà semplicemente il modo di sopravvivere che alcuni stati potranno elargire, non si sa per quanto (dipende dalle corporation: dove operano, dove pagano – e quanto – le tasse) a tutti coloro che avranno perso il loro lavoro. 
Per queste persone, la netta maggioranza della popolazione,  avremo un futuro oscuro e anche per i loro Stati, così come ora li conosciamo.

L’indice di Gini, che misura la diseguaglianza della distribuzione del reddito (del reddito, della ricchezza), ha e avrà molto da raccontarci.

 

Prima parte: http://www.loscrittoio.it/component/content/article/126-transizioni-.html

 

 

Bibliografia

1) La Mediocrazia - https://www.ibs.it/mediocrazia-libro-alain-deneault/e/9788854514386

2) https://notiziescientifiche.it/sistema-sintesi-vocale-google-uguale-alla-reale-voce-umana/

3) https://www.quotidiano.net/esteri/sex-robot-1.4192323

https://it.euronews.com/2018/04/20/apre-a-mosca-il-bordello-delle-prostitute-robot

https://secolo-trentino.com/societa/il-primo-bordello-con-ragazze-robot-e-alcuni-dubbi-a-torino/

Ultimo aggiornamento Giovedì 19 Agosto 2021 08:27