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Il non voto e l’astensione

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Autore: Flavio Gori

 

Il non voto l’ho spesso considerato come un problema per la democrazia, in quanto si decide di non dare un contributo e lasciando che siano altri a formare le maggioranze che poi governeranno anche la vita di chi non vota.

Ultimamente ho cominciato a pensare che chi inguaia la vita pubblica sta anche tra chi vota, specie quando lo fa senza sapere chi vota e lo fa per motivi diversi (logiche di partito, comunità, interessi personali o di parte ecc).

Un’analisi usuale e non so quanto approfondita, porta a considerare chi non vota come qualunquisti, non acculturati, menefreghisti, interessati solo al proprio bene spicciolo.

Probabilmente ciò è stato vero fino a quando la politica era su livelli accettabili di serietà, ma da qualche anno a questa parte, il tracollo verticale della credibilità della classe politica e dirigenziale italiana (pubblica e privata, che talvolta si scambiano i posti come se l’amministrazione del bene pubblico dovesse obbedire alle stesse logiche del mercato), ha fatto si che la quantità del non voto sia aumentata a dismisura, portandoci al livello di altri paesi occidentali che curiosamente e in maniera persino un po’ paradossale sono considerati depositari di “democrazia matura”.

In realtà le alte percentuali di non voto indicano solo e soltanto una carenza grave di democrazia e di fiducia nei politici, pertanto anche in quei paesi il fenomeno dell’astensionismo non è altro che l’antitesi della democrazia.

E’ opportuno notare che in Italia abbiamo recentemente avuto il caso dei referendum del 2011, straordinariamente partecipati, mentre le precedenti e ancor più le successive tornate elettorali ci hanno fatto ripiombare in assenze dal voto altissime, con l’apice toccato nelle recenti elezioni regionali in Calabria e ancora più eclatante, in Emilia Romagna (poi confermato dalle primarie del Partito Democratico [pd] in Veneto), fino a poche settimane fa terra di grande e convinta partecipazione.

Tutto ciò a ulteriore conferma che l’interesse per la vita pubblica, sociale e politica del paese, esiste ed è alto e lo dimostrano proprio i referendum che si occupavano di temi molto importanti e sentiti dalla cittadinanza, al contrario di quel che pensavano molti partiti, alcuni dei quali cambiarono idea in corsa negli ultimi giorni, per non esser travolti dalla volontà dei cittadini, ma che in seguito si sono attivati e si stanno attivando per far morire i risultati referendari, in particolare quello sull’acqua pubblica. Caso conclamato di democrazia piegata ad altri interessi.

Di conseguenza la bassa percentuale di voto alle elezioni deriva ormai in larga parte dal fatto che chi è interessato alla buona politica, non trova rappresentanza e quindi non vota. Tra gli interessati alla buona politica che disertano le urne, molti - e sempre di più - sono elettori che in precedenza votavano a sinistra e per questo mi sento di dire che potenzialmente questo altissimo numero di mancati elettori, può cambiare il senso della politica italiana, andando a formare uno dei primi partiti in Italia come numero di voti. Forse acquisendone anche da quei partiti a cui si riferiscono taluni elettori sconsolati ma che ritengono comunque necessario votare.

In estrema sintesi, e contrariamente a ciò che spesso si sente dire, l’altissima percentuale di non voto afferma con grande forza la necessità di un'altra politica, di un partito che rappresenti chi alla politica alta (o almeno onesta e non ciarliera) ancora crede e che per ora non esiste (secondo i non votanti) nel panorama politico italiano.

Quel che c’è da fare è quindi quello di trovare il modo di offrire a queste persone l’opportunità di partecipare alla formazione di una visione per l’Italia del futuro, entro la quale possano trovare casa tutte le questioni che sono regolarmente dimenticate dai governi di ispirazione neoliberista che sono da anni al potere in Italia, in Europa e in ampia parte del mondo occidentale. Il lavoro da fare è tanto, ma se mai si comincia mai si arriva all’obiettivo.

Piuttosto c’è da chiedersi il motivo per cui negli ultimi 30 anni, nessuno è riuscito a creare questo gruppo, nonostante una situazione politica ed economica assai mal messe e il caso del maggiore partito di centro sinistra che da una ventina d’anni si è progressivamente spostato su posizioni di centro e centro destra, lasciando quindi spazi molto ampi a chi avesse voluto proporre una visione progressista nel nostro Paese.

Il fatto che nessuno l’abbia messo in atto, dimostra che la carenza dei politici di sinistra non alberga solo nel pd, ma in tutta questa area politica, come se il neoliberismo (pur con le sue sistematiche batoste assestate alla qualità della vita delle classi lavoratrici - non solo agli operai ma a tutta la classe media) avesse colpito al cuore le capacità intellettive dei politici e di quelli che una volta si definivano ‘intellettuali’ di sinistra che ormai considerano la creatura di Milton Friedman, l’unica possibile, oppure l’unica in grado di garantire il potere politico a chi ambisse ad averlo e/o mantenerlo.

Nonostante la sfiducia abbia conquistato molti elettori, penso che ci siano ancora molte persone pronte a partecipare, a dare una mano qualora vedessero una seria volontà di lavoro per il futuro della nostra nazione e non solo mera volontà di protesta che, come dimostra il caso del Movimento 5 Stelle, non è in grado di far tornare a votare chi non vota, ma piuttosto di spostare i voti tra chi già vota e poi magari finire con l’aumentare il gruppo del non voto, come abbiamo visto nelle suddette e recentissime elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria.

Da questo lato, chi non vota lo fa perché ambisce ad una politica seria, credibile e onesta, aspetta che gli si prospetti una visione per il futuro dell’Italia e quindi dei suoi figli, che sia adeguata alle sue attese, a quelle che i 5 referendum basati sui Beni Comuni e non contrattabili, avevano mostrato possibile e che invece la pessima politica (nei suoi tanti travestimenti) non vuole rendere possibile.

Ne è prova conclamata la volontà di non sfruttare la crisi che stiamo attraversando e che continueremo ad attraversare ancora per chissà quanti anni, per cambiare il nostro modello di sviluppo economico, perché abbarbicati a un’economia basata sulla finanza e su uno sviluppo nemico della natura e quindi della maggioranza della gente. Non abbiamo voluto sfruttare neanche questa crisi per cambiare direzione al nostro modello di sviluppo e penso che niente di più evidente possa esserci per capire come con questi politici, e i loro referenti, non potremo cambiare mai.

E’ ora di agire e di farlo con politici competenti che propongano una visione del nostro paese da qui al 2050, nella quale rientrino gli architravi di uno sviluppo ambientalmente sostenibile, rigoroso nel rispetto per l’essere umano, per gli animali e ogni essere vivente. Vanno individuate le competenze di ognuno e messe a disposizione del progetto, senza aspettare ancora. Non c’è più tempo da concedere a chi non conosce che il proprio interesse, il proprio ego.

Dobbiamo dunque partire da un concetto: il non voto non è astensione.

Il non voto è applicato da chi nell’odierno panorama dell’offerta politica, non trova alcun riferimento, alcuna rappresentanza e quindi decide di non rendersi corresponsabile di politiche che non condivide.

L’astensione è l’esatto contrario: mi vanno tutti più o meno bene, oppure tutti più o meno male, chiunque vinca non cambia.

La differenza tra le due motivazioni per non votare è fondamentale per capire a chi si deve rivolgere e cosa fare da ora in avanti chi ha interesse e volontà a far si che l’Italia riprenda a respirare in maniera autonoma e non per gratificare poteri di vario tipo e provenienza.

E’ probabile che una simile possibilità, esista anche per tutti i non votanti di quei Paesi che abbiamo prima menzionato come a ‘democrazia matura’, che pertanto potrebbero essere interessati e coinvolgibili in una evoluzione del tipo proposto per il nostro Paese e quindi riuscire a formare una grande forza europea, in grado di incidere a livello continentale, ritrovando elettori che non trovando di meglio si sono ‘parcheggiati’ nel non voto, o in alcuni movimenti e partiti populisti.


Il futuro può partire da qui e ora.