La Mia Isola: Incontri inaspettati

Domenica 01 Marzo 2020 16:59
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Capitolo 7

 

Vivo sull’isola dove sognavo di trascorrere gli ultimi anni della mia vita. Come continuare quella vita fino all’eta’ della pensione? Altri vent’anni? non potevo attendere.

Sono stata testarda e impaziente e ho voluto affrettare i tempi, ma ho sempre la certezza interiore che la mia è una missione voluta dal creatore!

E mi attendono sorprese.

 

 

 

3     aprile 2001

Finalmente un assegno che aspettavo da un po’.

Tra le email ho trovato un messaggio da Andrea. Non ricordavo neppure piu’ del suo interesse per le alghe, ed ora sembra voglia venire a farmi visita con la famiglia. Arriverà intorno al 25 Aprile. Chissà che non si convinca a supportare il mio progetto di estrazione, e si possa così cominciare a collaborare!


Bene, tanto per fare qualcosa di diverso, vado al pub a sentire un po’ di musica tradizionale. Chi se ne frega se non conosco nessuno! Ci sono turisti ovunque sull’isola. Potrei essere scambiata per una di loro e passare inosservata!

L’atmosfera nel pub è incredibilmente confortevole e la musica e’ del mio genere preferito. Io non bevo alcolici, ma questa sera mi permetto un bicchiere di Guinness con succo di ribes nero.

Mi chiedo perchè non mi sono mossa di casa prima!


5 Aprile 2001

Tempo fa, lessi in una guida turistica, che la flora di Aran e’ speciale, analogamente a quella di una regione che si chiama Burren, giusto dall’altra parte della costa, nella contea di Clare. Questo fenomeno botanico, prevede che crescano insieme specie floreali, che per logica naturale non dovrebbero convivere: fiori alpini, mediterranei e artici.  Aprile e’ il mese migliore per rendersi conto di questo fenomeno, e decido di andare a fare una passeggiata su uno dei promontori più misteriosi dell’isola.


Era il mese di Ottobre del 2000, quando arrivai sull’isola per cercare una casa in affitto. Ero ormai decisa a trasferirmi, e il fatto che Giorgio e Lucia, ovvero altri italiani, abitassero già lì da anni, era per me di indubbio vantaggio.

Fu durante quel viaggio che decisi di recarmi in un punto dell’isola non molto frequentato: il Black Fort, il Forte Nero.

Un cartello arruginito indicava quale deviazione prendere partendo dalla strada costiera. La strada portò ad un bivio. Seguii la destra per puro istinto. Se non mi avesse portato sulla scogliera, sarei tornata sui miei passi, e avrei provato dall’altra parte.

La direzione apparve presto essere quella giusta perchè il rumore delle onde infrangersi sugli scogli si avvicinava sempre più. Percorsi il sentiero fino a che un muretto a secco segnò la fine. Dall’altra parte c’erano delle mucche al pascolo.

Decisi di scavalcare il muretto, e proseguire lungo la scogliera. Non potevo sbagliarmi.

Ad un certo punto, mi trovai in bilico su uno strapiombo e mi resi conto che un passo falso mi sarebbe costato la vita.

Il cuore mi batteva forte. Tornai verso l’entro terra, e scelsi una traccia un po’ meno pericolosa.

Arrivai alla meta dopo circa un’ora di cammino. Il vento non era molto forte, ed ero soddisfatta di esserci riuscita.

Per raggiungere l’interno del forte, bisognava infilarsi attraverso un passaggio piuttosto stretto, con un lato a strapiombo sul mare. Senza titubare entrai.

I muretti, costruiti all’interno del forte, avevano una forma semicircolare curiosissima.

Tre semicerchi posizionati uno a cavallo dell’altro.

Non avevo letto nulla riguardo quel sito, ma non c’erano comunque molte descrizioni disponibili nelle guide turistiche comuni.

Se, durante il percorso, ero riuscita a mantenere un passo non dico da gazzella, ma quantomeno da capra, all’interno del forte non riusii neppure a reggermi sui piedi. La testa cominciò a girarmi vorticosamente, e mi sentii mancare. Il malessere somigliava un po’ a quello che capita in gravidanza. Penso che se avessi mangiato qualcosa, a quel punto lo avrei vomitato.

Mi sdraiai per qualche minuto, chiusi gli occhi, e provai a reagire rialzandomi,  ma con enorme fatica.

Mantenendomi salda al lato della roccia più sicuro, riuscii ad uscire dal forte, e le vertigini passarono d’incanto.

Alla sera, ne parlai a Lucia, e lei mi disse che l’effetto provato poteva essere stato causato dalle Lay lines, linee di corrente magnetica terrestre che si incrociano proprio su quel promontorio e attraversano l’Europa terminando a Karnak, in Egitto.

Si stupì, comunque, che l’effetto su di me fosse stato così violento, perchè a lei non era mai capitato, e neppure ad altre persone che c’erano state. Quella notte ebbi difficoltà ad addormentarmi.

E’ la seconda volta che mi accingo a raggiungere il Forte nero, ma ora so come arrivarci, e mi dirigo sicura verso la scogliera.  Che spettacolo in un giorno come questo!

Tra l’erba intravvedo un piccolo fiore che riconosco. E’ una genzianella! Un’altra la’ e una la’! Estraggo la macchina fotografica dalla borsa e comincio a scattare qualche foto ai fiori che più amo, perchè mi ricordano le mie montagne, le prealpi! Quanto mi mancano!

Arrivo al passaggio per il forte, senza problemi e questa volta non sto male. Non capisco, se fosse una linea magnetica, dovrebbe sempre essere attiva, oppure no? Chissà a cosa serviva questa costruzione e perchè si chiama forte “nero”?

La ragazza della Biblioteca di Kilronan dice che c’è un certo Pauric che ha molte informazioni riguardo l’archeologia di Aran. Spero di poterlo incontrare un giorno.


 

7 Aprile 2001

La settimana prossima devo pagare l’affitto. Forse è meglio che risparmi sul carbone, tanto non fa poi più così freddo. E se devo andare in paese, posso anche camminare cosi’ risparmièi soldi del carburante! Che tristezza! Come farò a tirare avanti!

Telefono a Cathy. Ha ancora un piccolo assegno da pagarmi, ma dice di aver meno traduzioni in italiano.

Potrei provare a fare qualche acquerello, e portarlo alla Gallery nel villaggio.


 

8 Aprile 2001

Al risveglio mi sento gli occhi gonfi. Non sono riuscita a riposare bene. Vado a prepararmi un caffè.

Sto per procedere con il rituale quotidiano, di sorseggiare il caffè guardando fuori dalla finestra della cucina, quando mi accorgo che c’è una enorme creatura nell’orto!

Un cavallo? Lascio la tazza, indosso frettolosamente la giacca e corro fuori. La creatura mi guarda e nitrisce. Mi rendo conto di non aver mai avuto a che fare con un cavallo. Cosa faccio? Lo caccio via? E se mi rincorre?

Decido di lasciar perdere, tanto si è gia’ mangiato tutta la rucola, e i fiori del topinambour! Le piante delle Pauricate sembrano essere marcite. Addio verdurina fresca!

Rientro in casa a testa bassa. Mi dispiace un po’ di aver perso tutto il “raccolto”, ma che colpa ne ha lui, povera bestia!

Mi spiega Margie, che di cavalli se ne intende – hai delle zollette di zucchero? I cavalli le adorano, soprattutto quelle di zucchero di canna – e poi mi da una serie di istruzioni per l’uso: mai girargli le spalle, accarezzarlo lungo il muso, e ritrarre velocemente la mano, nel caso che per mordermi!

Mi faccio coraggio, e mi avvicino. L’unica cosa che ho in casa, che penso lui possa gradire, e’ il blocco di zucchero grezzo che mi portai lo scorso Dicembre dalla Bolivia.


Mi armo di un coltello con la punta, e di un martello. Punto la lama a mezzo blocco, e colpisco l’estremità del manico con una martellata. Funziona!  ricavo due pezzi non troppo grossi e li metto in tasca. Esco camminando senza fretta. Non voglio spaventare il mio nuovo amico. Mi avvicino estraendo una delle esche con la mano destra.

L’animale non da segno di spavento, nonostante io indossi una giacca a vento rossa. – Beh - penso – non e’ mica un toro! –

Passo lo zucchero nella mano sinistra e la lascio stesa in modo da non dargli occasioni di mordermi, come da istruzioni ricevute. Con la mano destra gli accarezzo il muso in modo deciso ma delicato.

- Ha gradito, ha gradito! – sussulto senza muovermi.  Mi sento quasi emozionata e, mentre lui mastica, continuo ad accarezzarlo.

Allora decido di passare al secondo pezzo di leccornia. Mi rendo conto di non avere più paura e lui sembra “amarmi”!

Ma si, in fondo, chi se ne frega se mi ha mangiato la rucola. E’ così bello aver qualcuno che ti ama, anche se in modo interessato!

Come mi allontano per ritornare verso casa, il cavallo mi segue. Mi giro, mi fermo e lui si ferma. Mi rigiro e cammino e lui mi segue. Panico. Cosa faccio adesso? Mica vorra’ venire in casa!

Allora decido che gli parlo, magari mi capisce!

- Senti ... – comincio – mi guarda e nitrisce – non puoi seguirmi ... don’t follow me – Beh, sembra aver capito, o quanto meno mi gira il deretano e se ne va; forse perché ha capito che non ho piu’ zucchero da offrirgli? Beh, un semplice “deja’ vu” nella mia vita .... e non con socievoli animali a quattro zampe!

Osservando l’animale allontanarsi con calma, mi rendo conto che non è un “lui” ma una “lei”! Meglio cosi’. Sento di aver ancor meno paura ... e poi e’ ben addestrata, anche se non ha segni né di sella né di morsa. Deve essere molto giovane! La chiamerò Filly.



9     aprile 2001

Un raggio di sole filtra dalle tendine della finestra, e mi sfiora la mano con il suo calore benefico.

Mi stropiccio gli occhi, alzo il busto, e mi metto a sedere sul bordo del letto, per infilarmi i calzini e le ciabatte. Mi accorgo che Filly ha avvertito il fruscio delle coperte, ed ora ritengo si aspetti che io le allunghi un po’ di “colazione”.

Mi vesto rapidamente e, prima ancora di scaldare il latte per me, stacco un altro pezzo di zucchero e glielo porto.

Filly afferra lo zucchero melassoso senza esitare, ma in modo gentile e delicato. Le accarezzo il muso, e poi il collo.  Sono cosi’ soddisfatta di questa conquista!



10  aprile 2001

Dall’Ambasciata di Dublino, mi avvertono telefonicamente che una societa’ italiana mi sta cercando, e mi chiedono l’autorizzazione a fornire loro il mio numero di telefono.

Buffa questa. Uno se ne va via dall’Italia, attraversa letteralmente mari e monti, finisce su una piccola isola sull’oceano, e riescono a rintracciarlo in pochi minuti!

Confermo senza esitare, che possono fornire i miei dettagli a chiunque, senza problemi. Ora attendo ansiosa di conoscere chi mi sta cercando!

Si tratta di un ex cliente, che in passato aveva acquistato notevoli quantita’ di Estratto di alghe.

Chiamo allora il direttore delle vendite e cerco di concordare con lui una eventuale provvigione sugli ordini che posso procurargli. Dice che mi darà una conferma domani.



11 aprile 2001

Non ci posso credere, l’ordine dall’Italia è confermato. Pagamento in contanti e provvigioni da riscuotere! Finalmente uno spiraglio di speranza per il futuro. Anche se questa vendita potrebbe non ripetersi presto, per il momento mi sta giusto bene per sopravvivere. Poi si vedrà.

Con la KAL sono sempre in debito. Potrei ripagarli con le provvigioni di possibili ordini, ma in quel modo avrei difficolta’ economiche.

Chiamo l’amministratore e gli chiedo se possono accettare dilazioni, e ci accordiamo che mi chiameranno nel pomeriggio.

Nel frattempo il postino mi consegna una busta in arrivo da Cathy: è un assegno a pagamento dell’ultima traduzione. E’ mercoledì, giorno di banca. Meglio andare a depositarlo sul conto, prima della chiusura per pranzo, altrimenti non potrò farlo più fino a mercoledì prossimo!

Davanti alla banca vedo parcheggiata l’auto di Giorgio. Non so se attendere che lui esca o affrontarlo con disinvoltura. Opto per la seconda scelta, che alla fine io non ho nulla da nascondere.

Al contrario di quanto mi aspettassi, Giorgio si alza dalla sedia della saletta d’attesa, e mi corre incontro, salutandomi calorosamente. Mi giro per accertarmi che non sia entrato qualcun altro subito dopo di me, e non sia a quel qualcuno a cui è rivolto il saluto. No, no, è proprio diretto a me.

Mi chiede come sto, se sono contenta di essere venuta a vivere ad Aran, e se ho bisogno di qualcosa.

Sono così stupita che non so più cosa pensare, né cosa rispondere.

Qualche minuto dopo, entra un uomo che Giorgio conosce bene. I due parlano a bassa voce, dopodiché Giorgio me lo presenta: - Rosaria, questo è Pauric! – e ci stringiamo la mano. Poi, essendo il suo turno, va allo sportello e ci saluta.

Pauric mi dice di aver sentito parlare di me, e, dai particolari che mi rivela, capisco che si tratta dell’esperto di archeologia.

All’uscita della banca ci fermiamo qualche minuto sulla soglia, poi mi chiede se mi va di bere un caffè nel coffee shop.

Fiona ci accoglie letteralmente con un mezzo sorriso, non può fisicamente aprire la bocca. Il nuovo attacco di Herpes ha coperto quello precedente in regressione. Non c’è nessun altro nella stanza e, mentre Pauric fa uso del bagno, le porgo la mano per salutarla, e trovo il coraggio di chiederle se quel problema le capita spesso. Fiona, un po’ imbarazzata, mi risponde che non ci fa più caso. Dice di non ricordare neppure piu’ come sia la sua pelle originale, e ci ride sopra simpaticamente.

Ordiniamo un caffè e della torta di mele calda.

Racconto a Pauric delle mie esperienze sul Black Fort, e lui mi risponde che, nonostante abbia consultato molti libri di storia antica, non saprebbe nemmeno dirmi esattamente perchè quel forte si chiama “nero”. Tuttavia, secondo lui, le ipotesi sulla origine del nome potrebbero essere due: la prima, che secondo un vecchio Annale scritto nell’undicesimo secolo, quando sull’isola giunsero i Tuatha de Dannan si dice che arrivarono portati da una nuvola nera e quella nuvola restò su di loro per tre giorni e tre notti, mentre costruirono una delle loro dimore proprio in quel punto. Dato che erano avvolti dalla nuvola nera, la loro dimora avrebbe preso il nome di Forte nero.

La seconda ipotesi, sarebbe quella che, nelle mura del forte, ci sarebbe un passaggio che porta nel “mondo sotterraneo”, dove furono confinati i Fomorian, che, provenendo dall’Africa erano probabilmente neri di capelli e di pelle.

In ogni caso, nelle leggende tramandate da secoli e trascritte dai monaci cristiani, ci sono parecchie imprecisioni e confusioni tra Tuatha De Dannan, Fir Bolg e Fomorian, anche perché sembrano essere arrivati in Irlanda più o meno contemporaneamente. Inoltre, qualche volta, il re di una razza si accoppiava con la principessa di un’altra razza, e avevano un erede che diventava re a sua volta. I Fir Bolg e i Tuatha De Dannan potrebbero avere avuto simili antenati, ma i Fomorian pare fossero totalmente diversi.

- Una ultima informazione che ti può essere utile – mi dice prima di finire il suo caffè, è che il figlio di un Fomorian e di una Tuatha de Dannan che veniva chiamato Dagda Mor, ovvero Dagda il Grande, ebbe un figlio dall’amante Boan, che venne chiamato Aengus.

– Come sai – proseguì Pauric - il Forte di Aengus sta dall’altra parte di Aran.


Il tempo sta trascorrendo veloce ed io sono anche ansiosa di arrivare a casa in tempo per ricevere la telefonata dalla KAL. Avrei qualche punto da chiarire con Pauric. Lo farò un’altra volta!

Torno subito a casa, senza perdere altro tempo. Spero che nessuno abbia ancora chiamato. Accendo il fuoco con l’ultima torba che ho a disposizione, e resto in attesa di eventi.

Devo essere diventata anch’io un po’ magica, da quando vivo in questa terra di leggende, perché come mi siedo il telefono squilla.

L’amministratore mi annuncia che la direzione vorrebbe farmi una proposta, e mi fissa un appuntamento nei loro uffici, per martedì prossimo 17 aprile.

Per questa volta, faranno una transazione della provvigione maturata sul mio conto, poi ci accorderemo.



12 aprile 2001

Ho potuto pagare le bollette dei telefoni, l’affitto con due giorni di anticipo, acquistare quattro briquette di torba, due sacchi di carbone, del cibo, ed ho una buona scorta di monete da 50 pens per il contattore della luce.

Per qualche settimana non avrò nulla da temere, che sollievo!

Ultimo aggiornamento Domenica 01 Marzo 2020 20:51