La Mia Isola, di Rosaria Piseri

Mercoledì 01 Gennaio 2020 09:58
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Buon anno ai lettori de LoScrittoio.it!!

 

Col nuovo anno diamo il benvenuto nella famiglia de LoScrittoio.itRosaria Piseri.

Ho conosciuto Rosaria molti anni fa, grazie a un articolo a lei dedicato pubblicato su Il Foglio Quotidiano, al termine del quale era pubblicato un indirizzo email, per chi avesse voluto contattare Rosaria.

La storia raccontata nell’articolo era così interessante che mi venne spontaneo scriverle due righe per complimentarmi non solo per la sua scelta di vita (che qui racconta in profondità) ma anche per chiederle qualche ragguaglio su una terra che mi affascinava, sia come paesaggi che come storia: l’Irlanda.

Negli anni abbiamo avuto occasione di sentirci spesso e di conoscerci personalmente grazie a una mia visita nella terra d’Irlanda e al fatto che gentilmente, Rosaria mi aveva preparato una sorta di tour su alcune zone e scorci che non mi sarei dovuto perdere. In effetti lei ha avuto modo di conoscere molto bene quella terra e nel proseguire del suo racconto, capirete il motivo.

Nel 2013 ho invitato Rosaria a partecipare a una serie di conferenze che ho tenuto presso la Biblioteca Comunale di Sesto Fiorentino, conferenze dedicate e intitolate alle 'Donne che non si fermano', ovvero persone che non si sono arrese davanti alle difficoltà, pur di mettere in atto un loro progetto che magari qualcuno bollava come assurdo, impossibile e via di questo passo. Credo che anche Rosaria sia un ottimo esempio in tal senso.

A un certo punto ho pensato che la storia della sua ‘seconda vita’ meritasse di essere raccontata come fosse un racconto, un romanzo, un parto di fantasia e ho chiesto a Rosaria di scrivere qualcosa per LoScrittoio.it

Questo è il risultato del suo lavoro, della sua ‘seconda vita’, almeno fino a oggi. Abbiamo pensato di lasciarlo in forma di diario per meglio rappresentare un esempio di vita vissuta, senza aggiunte: oggi pubblichiamo quindi il ‘primo capitolo’ di questa storia. Altri seguiranno presto.

Sono del parere che la storia di Rosaria possa essere utile anche ad altre persone, non fosse che per fortificare la loro fiducia in sé stesse e questo è stato uno dei motivi principali che mi hanno spinto a suggerire a Rosaria la pubblicazione dei suoi scritti, dei suoi ricordi.

Non mi resta che ringraziare Rosaria Piseri per aver amichevolmente accettato di pubblicare il suo scritto su LoScrittoio.it e augurarvi buona lettura!


 

LA MIA ISOLA

(Diario 2001)

di Rosaria Piseri

Introduzione

Costretta a vivere in una relazione che mi faceva solo star male, era come correre una maratona con le scarpe strette. Volevo fuggire “a piedi scalzi” e raggiungere i confini del mondo, dove cominciare una nuova vita. Scelsi una una piccola isola nell’oceano Atlantico: Inis Mor, nell’arcipelago delle Isole Aran.

Dopo anni, sono ancora ispirata dalla magica atmosera di Aran, e resto senza fiato quando sento il fragore delle onde sulle magiche scogliere di Dun Aengus

Vi sono luoghi, in verità, in cui il mistero è la normalità, e la vita quotidiana è una splendida avventura, ai confini del mondo e del tempo!

 

 

 

Capitolo 1

 

La Fuga

 

9 gennaio 2001


I pochi passi tra l’ascensore e la porta di casa, mi sembrano interminabili. Mi manca il respiro e il cuore mi batte forte. So giá che quando avró oltrepassato quella porta mi dimenticheró ogni parola del discorsetto preparato da mesi. Meglio fingere che tutto sia normale, e partire di soppiatto domattina all’alba, oppure sorprenderlo con le frasi che non ho mai avuto il coraggio di dirgli fino ad ora? Non ho desideri di vendetta, ma non mi importa come la prendera’, Il momento e’ ora, e non ci saranno ripensamenti.

Prima di aprire la porta, mi fermo ad ascoltare i suoni provenienti dall’interno: la televisione trasmette qualcosa di divertente perchè lo sento ridere.

Entro senza salutare e mi dirigo decisa verso il ripostiglio. Gianni continua a seguire la trasmissione, fingendo indifferenza ad ogni mia mossa sospetta.

- È tardi – mi dice, senza rovolgermi lo sguardo

– io ho giá mangiato – prosegue sperando che raccolga cosí il suo disappunto.

Fingo di non raccogliere le sue provocazioni.

Estraggo dal mobile la valigia piú grande e la riempio rapidamente, poi la trascino verso l’ingresso.

Tutto il resto che mi serve per traslocare, è giá pronto e caricato sul furgone parcheggiato sotto casa. Spero di essermi ricordata tutto. Ora, non mi resta che dormire la mia ultima notte tra le mura domestiche.

- Dove stai andando? – mi chiede mentre sgranocchia distrattamente una arachide. –

- In Irlanda – rispondo io, frugando tra i libri, per scegliere quelli che ancora non ho inscatolato e riposto sul furgone.

Mi aspetto una reazione polemica o un commento indagatore. Silenzio da parte sua, mentre un’altra arachide finisce tra i suoi denti.

- Vai in Irlaaaanda? – mi richiede con tono irritante.

– Quando parti? – chiede, come se i miei preparativi fossero di normale quotidianitá

– Domani mattina presto – rispondo io con voce tremula e titubante.

Non voglio far scaturire una discussione. Non mi importa il suo parere, e non temo piú le sue ire. Sono pronta a fare questo passo.

- E quando torni? .... se posso saperlo – ribadisce con tono ironico.

- Non ritorno – rispondo.

– Ah – accenna lui, mostrando una irritante indifferenza.

Forse mi seguirá e mi chiederá qualcosa di piú sulla mia decisione, oppure mi implorerá di rimanere. Niente di tutto questo.

- Tu non sei normale – mi dice con tutta l’ironia che riesce ad accumulare.

– Cosa credi di fare in ..... Irlaaaanda – aggiunge con arroganza. Non rispondo.

-  Spenderai un sacco di soldi, e poi tornerai con le pive nel sacco – continua lui

– comunque fai quello che vuoi, ma pensaci bene, potrebbe essere troppo tardi per tornare indietro –

Sa che le sue parole mi infastidiscono, e le dosa con destrezza, come si fa con un veleno di pronta efficacia da somministrare a piccole dosi.

L’idea di passare un’altra notte sotto lo stesso tetto e’ decisamente inaccettabile.

Mi rimetto la giacca ed esco senza perdere altro tempo. Chiudo la porta dietro le mie spalle, e premo a ripetizione il pulsante dell’ascensore. Nessuna ulteriore reazione da parte di Gianni. Meglio cosí!

I minuti trascorsi sull’ascensore mi sembrano interminabili. Temo ancora che lui possa fermarmi, ma, fortunatamente, finge di essere totalmente indifferente alla mia iniziativa.

Mi dirigo verso il furgone senza voltarmi o alzare lo sguardo. Ce l’ho fatta. Sto facendo in modo che un vecchio sogno si avveri ... Aran, sto arrivando!


La mia infanzia non fu molto felice nè spensierata.

Ho ricordi di sentimenti tristi sin dai primi anni di vita, come la certezza di essere sbagliata, inadeguata e inutile.

Quasi ogni sera mi addormentavo crogiolandomi in pensieri tristi e malinconici.

Non riuscivo a reagire, a cambiare atteggiamento nei confronti degli altri.

Nonostante mi sforzassi di piacere a tutti, venivo sempre isolata ed evitata. Ogni tentativo di suscitare simpatia finiva inevitabilmente in un fallimento.

Parlavo spesso a sproposito e offendevo senza rendermene conto.

Imparai cosí a cercare la solitudine, prima di essere isolata; a rifiutare potenziali amicizie prima di esserne esclusa.

Piangevo in silenzio e a volte speravo di morire nel sonno, anche se non avevo piena coscienza dei motivi che mi inducessero a questo estremo pensiero.

Il catechismo insegnava l’esistenza di un Paradiso dove tutti saremmo stati felici, e forse era solo quello che desideravo: vivere in un mondo di Amore e Comprensione, anche se per raggiungerlo avrei dovuto morire!

Ogni mattina, inesorabilmente, mi risvegliavo nel mio letto, nell’unico mondo che evidentemente mi era concesso, e cominciai ad acquisire la rassegnazione di dovermi adattare.

Cominciai con l’accondiscendere i desideri di mia madre, che, ossessionata di tutto quello che rappresentava la religione, mi convinse a frequentare solo organizzazioni Cattoliche: oratorio, gruppi di preghiera e un movimento fondato da un sacerdote che lei riteneva suo padre spirituale.

In effetti, tra quelle fila fui accettata a braccia aperte, non perchè avessi particolare attitudine, me perchè avevano un disperato bisogno di giovani adepti.

C’erano scelte che mi erano concesse, altre rientravano nell’area grigia del proibito e non potevano neppure essere considerate. Mi sforzavo di vagliare solo le opportunitá che mia madre avrebbe approvato, anche se questa limitazione mi faceva sentire come un prigioniero, costretto a vivere in una gabbia dorata.

Ero sulla strada giusta? Dovevo diventare una religiosa consacrata? Era quella davvero la mia vocazione?

Intanto ero nata il giorno della Madonna del Rosario, da cui la scelta del mio nome, poi un “profeta travestito da frate mendicante” si dice bussó un giorno alla porta di casa e, in cambio di una offerta in denaro, pronunció il fatidico verdetto: “questa bambina si fará suora”.

Ci provai, oh se ci provai ad adeguarmi ad una vita religiosa. Ci provai perchè la storia di quella profezia mi ossessionava, e, crescendo, credevo di non avere altre opzioni vagliabili.

E dio? Se esisteva davvero, stava ad osservare a distanza. Era una questione del mio rapporto con lui, oppure un umanissimo rapporto tra madre e figlia? Una scelta esistenziale oppure ricerca disperata di far parte della societá a qualsisasi condizione?

Prima che potessi trovare una risposta ai miei problemi esistenziali, il caso mi fece incontrare Gianni, il primo e unico essere di sesso maschile che fosse interessato a frequentarmi. Io avevo 20 anni, lui 32. Niente in comune, nessuna attrazione da parte mia, nessuna intenzione sentimentale da parte sua.

Nessuno mi aveva mai istruito riguardo la contraccezione.

Negli ambienti religiosi si parlava solo di sesso come peccato, quindi avrei dovuto scegliere di non uscire con lui per non indurlo in tentazione, oppure sposarlo “a scatola chiusa”.

Mancanza di autostima, o curiositá del proibito? Semplicemente, non avevo mai avuto una relazione e non volevo perdere questa esperienza.

Dopo poche settimane, scoprii di essere incinta. Ancora una volta, fui costretta ad una sola scelta: matrimonio riparatore, e sottomissione ad un marito che non amavo e “conoscevo” solo nel senso biblico del termine.

Ero passata da una gabbia ad un’altra, ancora piú insopportabile e spiacevole. Solo doveri, nessun diritto. Anni di soppressione e buio profondo. Tornai ad avere il desiderio ricorrente di morire.

I bambini mi tennero imbrigliata tra le mura di casa per il quarto di secolo seguente.

Gianni non era nè comprensivo nè paziente, bisognava obbedirgli come fosse il padrone e noi dei cani da addestrare.

Alternava le urla con la violenza, soprattuto verso i bambini, che non ebbero mai il coraggio di confidarmi quello che succedeva quando io ero fuori casa.

Lo seppi solo molti anni dopo.

Non solo avevo rovinato la mia vita, ma anche quella di due innocenti.

Fuggire con loro sarebbe stato impossibile da attuarsi. Non avevo un lavoro e nessuna possibilitá di sopravvivere senza di lui.

Una delle sue minacce era ben chiara: se lo avessi lasciato, lui avrebbe ottenuto la custodia dei bambini. Li avrebbe cresciuti ed educati a botte, perchè questo era il sistema che riteneva giusto e normale.

Non restava che rassegnarmi e restare lí, accanto a loro, per proteggerli il piú possibile, finché non avessero raggiunto la maggiore etá!

10 gennaio 2001

ho trascorso la notte a casa di mia sorella. Lei non mi ha fatto nessun commento nè critica, su quanto sto per fare, ma so che non mi approva. Siamo cosí diverse! Io ho sempre la tendenza a complicarmi l’esistenza, lei riesce a semplificare anche la situazione piú intricata. Io amo i luoghi selvaggi, le avventure, lei preferisce la cittá e le vacanze organizzate. Io mi sono licenziata da una quantitá di posti di lavoro, lei ha mantenuto il suo, per tutta la sua vita lavorativa.

Saluto Stefania velocemente. C’è una tale confusione di sentimenti dentro di me, che non so neppure se e come dimostrarli.


Quand’ero bambina, Stefania mi appariva come l’alter ego della mamma. Non riuscivo a confidarmi nè con una nè con l’altra. Mi sentivo giudicata e disapprovata, prima ancora di esternare le mie idee o i miei progetti. Ma loro, alla fine, mi hanno sempre aiutata in qualche modo, anche se mi disapprovavano totalmente.


Eccomi sulla strada per il Nord. La giornata è fredda, ma il cielo limpido e i raggi del sole confortevolmente caldi. Sono una pazza incosciente? Cosa mi aspetta? Una nuova vita o un nuovo fallimento? Non importa. Faro’ del mio meglio e affrontero’ i problemi man mano che si presenteranno!

Secondo la mappa, dovrei essere nel mezzo della Francia. Accosto al primo Motel che incontro e parcheggio in un angolo tranquillo e sicuro.

Spengo il motore e rimango incantata ad osservare il cielo limpido e le luci lontane della cittá.

Il silenzio è quasi una presenza tangibile. Posso avvertire il battito del mio cuore e il rumore della terra che ruota intorno al suo asse.

Miliardi di stelle, pianeti e galassie sembrano pulsare per me in questo Universo che sto per affrontare ... fragile barchetta in mezzo all’Oceano, che il cielo mi aiuti e supporti!


11 gennaio 2001

Finalmente raggiungo Le Havre. Il porto è imponente e mi da una certa emozione avvistare La Manica. Attendo nel parcheggio il mio turno per l’imbarco.

Quando si è molto stanchi, ci si comporta in modo spontaneo, e io sono sconvolta dalla stanchezza e dalla tensione. Vago tra le varie sale d’attesa, alla ricerca di un angolo tranquillo e mi addormento su una confortevole poltroncina, mentre il rumore delle onde mi culla.


12 gennaio 2001

Attraversare l’Inghilterra è la parte piú complicata del viaggio. Prima di tutto è la prima volta che guido sulla sinistra, e il mio furgone ha il volante sul lato sbagliato, naturalmente!

Anche se gli specchietti retrovisori sono ben posizionati, mi ci vuole un pó per abituarmi al disagio, e nel frattempo ho anche rallentato ulteriormente la velocitá.  Mi sforzo di non innervosirmi, quando gli altri automobilisti si spazientiscono. Sono consapevole, che la cosa piú importante è guardare solo avanti e non perdere il controllo della situazione.

Passando dall’Inghilterra al Galles tutto cambia, e riesco a rilassarmi un pó. Il paesaggio è cosí simile a quello Irlandese che giá mi sento giá un pó arrivata.

Sono in ritardo sulla tabella di marcia. Avevo sottovalutato le distanze e anche l’assenza di autostrade.

Arrivo a Holy Head nel tardo pomeriggio, e mi comunicano che, sul prossimo traghetto, non hanno spazi disponibili.

Questo imprevisto non l’avevo proprio messo in conto, cosí come mi giunge inaspettata la notizia che l’unico imbarco per Dublino è ogni giorno alle 3 di notte. Mi propongono di provare a presentarmi comunque. A questo punto, devo prendere una decisione: dormire sul furgone, o prendere una camera, riposarmi, e prenotare l’attraversata per la notte seguente. Al porto, mi faccio consigliare un B&B vicino, e decido per l’opzione apparentemente piú saggia.

La proprietaria del B&B, mi conferma di avere una stanza disponibile e mi consiglia di andare a dormire, e svegliarmi alle 2 e mezza per verificare se si è liberato uno spazio sulla nave. Mi propone di nascondere la chiave della camera e dell’ingresso sotto un sasso. Se il tentativo di imbarco fallisce, posso rientrare e continuare a dormire.


13 gennaio 2001

Tentativo fallito. Ritorno a letto.


15 Gennaio 2001

Finalmente l’imbarco tanto atteso e, dopo una notte di navigazione tranquilla, ecco apparire il Porto di Dublino.

Mi sento molto meno nervosa, e sempre piú soddisfatta di essere riuscita a superare ogni ostacolo. Ora non mancano che pochi chilometri. Ce l’ho quasi fatta!

Ultimo aggiornamento Giovedì 02 Gennaio 2020 14:37