Energia Nucleare: I conti non tornano

Giovedì 08 Settembre 2011 15:54
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Autore: Flavio Gori

 

 

Il disastro di Fukushima fra i tanti e gravissimi problemi che ha creato ha forse avuto il merito di rimettere al centro della discussione alcune questioni che vanno dalla pericolosità del nucleare alla non economicità del ciclo costruzione, uso, smantellamento, radioattività delle scorie di uranio nel tempo.

Al di là della questione sanitaria, pur fondamentale, di cui giustamente molti parlano in questi mesi, per spiegare il mio punto di vista anti nucleare vorrei accennare a uno degli aspetti che molto spesso viene portato come fondamentale: quello economico .

La questione economica è così forte e presente che deve essere valutata attentamente dai politici, dagli imprenditori, dai tecnici e naturalmente da coloro i quali pagano per tutti: i cittadini che pagano le tasse (che non sono il 100% di chi dovrebbe pagarle, almeno qui in Italia).

Dobbiamo però sottolineare che gli imprenditori pare siano una delle poche categorie ad avere le idee ben chiare in proposito, tanto che non hanno mai iniziato la costruzione di una centrale nucleare senza i soldi di uno Stato, nè una banca ha mai finanziato un gruppo di imprenditori a meno che uno Stato non garantisse per loro. Credo che questi due aspetti dicano già molto sul ritorno economico che una centrale nucleare garantisce in confronto alle spese che richiede.

La prima cosa che dobbiamo capire è se l’elemento base - l’Uranio - di una reazione nucleare allo scopo di produrre energia elettrica è disponibile e per quanto tempo. Trattandosi di elemento che si trova in natura e non sintetizzabile, dobbiamo porci una semplice domanda: per quanto tempo sarà ancora disponibile con gli attuali ritmi di utilizzo?

Nel corso di una conferenza sull’Energia Nucleare che si è svolta a Calenzano (FI) all’inizio del 2011 (prima dell’incidente di Fukushima), i due conferenzieri, l’ing. Daniele Gallori di AREVA e il prof Angelo Baracca fisico nucleare dell’Università di Firenze, si sono trovati d’accordo nello stimare in circa 60/70 anni il periodo in cui l’uranio sarà disponibile, fermo restando i ritmi di sfruttamento simili a quelli attuali.

Questa previsione pare confermata in altre valutazioni come quella di Mario Agostinelli che nelle sue “Note sull’Uranio” (1) prevede un arco temporale tra 55 e 85 anni, sempre che il parco reattori non aumenti e che il costo della materia prima non ne scoraggi l’estrazione.


Ci sono altri aspetti da considerare: fra questi i costi per la costruzione, manutenzione e ancora più di smantellamento delle centrali nucleari. Non dobbiamo pensare che si tratti di questioni trascurabili, tutt’altro, sono al contrario alcuni degli aspetti più importanti in assoluto.


Come riportavo nell’articolo Speculazione edilizia e nucleare nel sito Uncommons.it (3), dall’ENEA (Ente Nazionale Energia Nucleare) sappiamo che i costi per la costruzione oscillano intorno ai 4.0-4.5 miliardi di €, (3), mentre dalla National Decommissioning Authority citata da Wikipedia (4) apprendiamo che i costi per la dismissione di una centrale nucleare sono stimati in circa 5.150 mld di €, ovvero più alti che la costruzione.

Se però teniamo presente che secondo il suddetto ente britannico, i tempi necessari allo smantellamento sono stimati intorno ai 50 anni si capisce come le previsioni su tali costi siano quanto di più aleatorio si possa ipotizzare.

Pur tuttavia tra costruzione e smantellamento saremmo almeno a 10.000 mld di € a cui vanno aggiunti i costi di manutenzione, che a causa forse delle varie possibilità d'intervento, sembrano non facilmente quantificabili e/o rintracciabili sul web, ma i 10.000 mld di € sono già una cifra molto alta tanto da far pensare che il vero business potrebbe essere non tanto l’energia elettrica prodotta ma la costruzione e ancor più lo smantellamento delle centrali.


Ma come dicevamo i lunghi tempi necessari sono un ulteriore rischio di aumento dei costi, specie in Italia dove le spese hanno una cronica tendenza all’aumento pur in presenza di lavori assai più brevi, meno rischiosi e non altrettanto avanzati tecnologicamente (3).

Chiediamoci cosa avverrebbe da noi quando anche un’autostrada può diventare una costruzione semi eterna senza che nessuno senta il senso del ridicolo.


Si tratta di informazioni di estremo interesse che vi invitiamo a non disperdere nei meandri della memoria in quanto potranno tornare utili a ognuno di noi quando, ci scommetto, nei dintorni dell’autunno 2012 qualcuno tornerà alla carica per far piombare anche il nostro Paese nel vortice nucleare, certi che il tempo avrà contribuito ad alleggerire il carico psicologico derivato dall’incidente di Fukushima (e Chernobyl).


C’è poi da considerare la copertura assicurativa di una centrale nucleare: considerando il rischio collegato alla vita di una centrale nucleare, che tipo di polizza assicurativa potrebbe essere stipulata per coprirne i danni possibili? Quanto costerebbe e quali caratteristiche dovrebbe avere una compagnia assicurativa per assumersene l'onere?
Chi avrebbe l'incarico di ispezionare tale polizza da parte della popolazione a rischio? Dal momento che per popolazione a rischio si potrebbe prefigurare l'intero numero degli abitanti il pianeta, la questione assume una non banale rilevanza. Anzi, in casi estremi è l'intero pianeta che potrebbe andarci di mezzo.

il che conduce alle seguenti domande:
è assicurabile un rischio simile?
se non lo è, è legalmente possibile rilasciare il permesso di costruzione?

E’ interessante notare che su Il Foglio del giorno 11 maggio 2011, sotto il titolo Grande Crisi, Nuova Europa,  viene riportato quasi interamente l'intervento che il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha tenuto al parlamento europeo il 19 aprile 2011.


A proposito del nucleare, Tremonti, secondo Il Foglio, afferma testualmente: "non c'è ancora, pare, un preciso e corretto calcolo economico dei costi benefici del nucleare, del suo impatto sul PIL dei singoli stati calcolato al netto dei costi e rischi attuali e soprattutto futuri. non c'è un convincente calcolo del suo reale e necessario costo assicurativo. Questo è certo il momento per ripensare la questione della sicurezza-responsabilità comune europea. Ma potrebbe e/o dovrebbe essere questa anche e soprattutto una chance storica per l'europa per investire in energie alternative, basando tra l'altro i necessari investimenti su emissioni di eurobond e orientandoli nell'area Mediterraneo - Nord Africa."


Sembra quindi che per una volta Tremonti e il sottoscritto siano sulla stessa linea, ma ciò significa che Tremonti non è sulla linea del Presidente del Consiglio e del Ministro Paolo Romani che sembrano ipotizzare solo una sospensione del progetto nucleare, in attesa di tempi migliori. Cosa comporta questo per l’Italia e le sue decisioni nel settore strategico della produzione di energia? Saremo ancora e sempre dipendenti dall’estero (l’uranio non c’è nel nostro sottosuolo) oppure no?


Ancora il giorno 11 maggio nel sito EU Observer nell’articolo di Valentina Pop intitolato Germany 'not satisfied' with nuclear fusion spending viene riportata la presa di posizione delle Germania su ITER, la tecnologia di ultimissima generazione a cui ha dato un contributo fondamentale la Francia. Secondo Berlino le spese previste sono "esorbitanti" ed è pertanto necessario rivedere l’intero progetto prima di poter capire se ITER è la soluzione alla richiesta di energia o se invece non sia solo una continua perdita di denaro pubblico che mai riuscirà a rifondere gli investimenti necessari alla sua realizzazione (5).


Compriamo energia elettrica da chi la produce col nucleare?


L’energia nucleare, si dice, è fondamentale per produrre la quantità di energia elettrica di cui abbiamo necessità, tant’è vero che dobbiamo importare quella parte di energia elettrica che non riusciamo a produrre coi nostri sistemi (attuali).

Normalmente ci viene detto che importiamo energia dalla Francia, che ha un bel numero di centrali nucleari ma l’energia elettrica che importiamo non è tutta prodotta dal nucleare e quindi se è vero che importiamo circa il 14.95% del nostro fabbisogno, è anche vero che quella proveniente dal nucleare è di circa il 6.82% in quanto la Francia non produce energia elettrica solo dal nucleare. (7)

Se invece vogliamo prendere per buono quel 15%, il punto diventa il seguente: possibile che non riusciamo ad avere quel 15% circa che ci manca se non con l’energia nucleare?


Conviene osservare un altro particolare che viene talvolta dimenticato:

nel 2009 energia elettrica prodotta in italia da fonte rinnovabile è stata superiore a quelle importata (che viene dal nucleare e da fonti non nucleari). Dal sito follia quotidiana (8) riprendiamo queste informazioni:

“Nel 2009 l'Italia ha prodotto circa 69,3 TWh di elettricità da fonti rinnovabili, pari al 19,6% del totale di energia elettrica richiesta, con il 15.8% proveniente da fonte idroelettrica e la restante parte data dalla somma di geotermico, eolico e combustione di biomassa o rifiuti. Con tali valori, circa il 90% della produzione rinnovabile è prodotto con impianti definiti "programmabili".


Variazioni percentuali fonti di energia rinnovabile in Italia. Elaborazione da dati pubblicati da GSE / Terna


Quindi l'Italia risulta essere il quinto produttore di elettricità da fonti rinnovabili nell'UE-15 seppur ancora non raggiunge gli obiettivi comunitari previsti, che prevedono la produzione del 22% di energia richiesta da fonte rinnovabile entro il 2010 per tutta l' Unione Europea e il 25% per l'Italia.

È da notare, tuttavia, che l'Italia a differenza di quanto avviene nel resto dell'UE, è l'unica a considerare l'energia prodotta da termovalorizzazione come interamente rinnovabile”.

Un altro effetto della specificità della nostra Italia sul quale si potrebbe iniziare una discussione, ma credo sia interessante per rilevare come le potenzialità per produrre energia elettrica senza il nucleare ci sono tutte e in particolare ci sono in Italia dove il Sole potrebbe darci una mano molto importante.



Prendiamo infine alcune informazioni da uno dei santuari della politica energetica internazionale, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), che ha la sua sede a Parigi e rappresenta 28 Stati aderenti all’OCSE, quella che un tempo si sarebbe definita l’organizzazione delle Nazioni più progredite economicamente, in pratica l’Occidente, il Giappone e l’Australia. Come vediamo, non si tratta di un blog anonimo o una fonte desiderosa di mettersi in mostra per qualche minuto prima di venire clamorosamente smentita.

Dopo aver scarsamente considerato l’energia elettrica prodotta dagli impianti nucleari da qui al 2035  nella previsione 2010-2035 che essa stessa ritiene come la più probabile delle tre che mette a disposizione, concede alla tecnologia nucleare un incremento del tutto marginale nella produzione di energia elettrica. Ciò é dovuto non tanto a nuove centrali ma all’allungamento della vita di alcune delle esistenti (quindi foriere di ulteriori rischi). (8)

La IEA ribadisce il suo concetto con il seguente titolo:

Renewable energy is essential for limiting global temperature increase, say experts apparso nel suo sito web il primo aprile 2011, ovvero Secondo gli esperti le energie rinnovabili sono essenziali per limitare l’incremento della temperatura globale (9).


Pertanto la prima cosa che viene da chiedersi è: ma perché nel nostro Paese l’energia nucleare nei mesi recenti viene presentata come la panacea dei nostri problemi quando la stessa IEA la sottovaluta in questa maniera, negli stessi mesi e con lo sguardo fino al 2035?

Eppure l’Agenzia Internazionale dell’Energia rappresenta anche noi e anche la Francia che queste centrali dovrebbe venderci. O forse è proprio per ciò che dice la IEA che la Francia desidera venderci quelle centrali?


Alla fine dei conti la sola cosa che emerge con chiarezza è che l’eventuale costruzione di centrali nucleari in Italia sarebbe l’unica generazione in grado di funzionare prima che l’uranio si esaurisca. Pertanto è necessario che i difensori dell’opzione nucleare ci informino di come è possibile (conti alla mano) che che gli alti costi necessari alla costruzione, manutenzione e smantellamento delle stesse sarebbero recuperati dal funzionamento di una sola generazione di centrali. Gli unici che avrebbero da guadagnarci sono coloro i quali si occuperebbero della progettazione e costruzione e dello smantellamento delle centrali. Oltre a chi avrà appalti per i vari studi di fattibilità. Abbiamo visto che lo stesso ministro dell’economia, Giulio Tremonti ha fatto dichiarazioni che vanno in questa direzione, tanto da far sorgere dubbi sull’effettiva volontà del governo sulla direzione da prendere.


Al tempo stesso è necessario che i propugnatori delle rinnovabili si ingegnino per dimostrare che con gli stessi capitali necessari a far lavorare per una 50ina d’anni le centrali nucleari cosa sarebbero in grado di fare le rinnovabili.

Potremmo scoprire come sia necessario non tanto che noi come Italia si vada a usare le centrali nucleari ma che invece siano i Paesi utilizzatori a cessarne l’uso e riconoscere che eravamo stati noi italiani ad averci visto giusto quando esprimemmo il nostro parere contrario al nucleare.


Risulta pertanto evidente che mettere a rischio altissimo non solo l’ambiente circostante ma la vita intera del pianeta per una scommessa economicamente valida solo per un ristretto gruppo di imprenditori, è del tutto inammissibile ed è sempre più difficile capire il motivo per cui qualcuno continua a perorare questa causa.

Attenzione: tale causa non sarebbe ammissibile neanche nel caso in cui a trarne vantaggio economico fosse il 100% della popolazione mondiale, dato che metteremmo comunque una grave ipoteca sulla salute del pianeta per un tempo non inferiore a qualche decina di migliaia di anni. Solo a pensarci risulta difficile capire come qualcuno ci abbia potuto credere e che altri, addirittura, continuino a scrivere di voler costruire (e forse anche usare) centrali nucleari.


Ma tutto questo, pur gravissimo, è parte di un problema ancora maggiore: il tipo di sviluppo, di progresso che viene al momento concepito in buona parte del mondo prevede una messa a rischio della Natura intera.

Lo prevede a un punto tale da aver convinto la stragrande maggioranza della popolazione che tale rischio è connesso con lo sviluppo e col progresso e quindi è inevitabile  a meno di non voler rinunciare alle nostre comodità occidentali.


Ammettiamo che sia così: è accettabile il rischio di distruggere il pianeta perché noi vogliamo continuare a vivere come adesso facciamo in occidente? Riflettiamo su cosa oggi usiamo giornalmente e non usavamo 10 o anche 30 anni fa, per cercare di capire se davvero è indispensabile o è soltanto un concetto di marketing che qualche azienda ha studiato così bene da farcelo entrare nella pelle al punto tale che oggi ci pare di non poter vivere senza.


D’altra parte dovremmo porci anche un’altra questione: se domani anche Cina, India, Brasile e qualche altro Paese del mondo (magari i più popolosi) volessero adeguare il loro stile di vita al nostro, sarebbe possibile per la Terra sopportarci tutti? O forse andremmo a infoltire quelle società che fin dall’antichità hanno scelto di perdersi nei meandri delle scelte sbagliate? (10) Forse sarebbe un altro momento in cui metteremmo a rischio la vita del Pianeta?


Certo non è l’unica opzione. Faccio una sola notazione: spesso si sente parlare, specie qui in Italia, della Cina in quanto esempio di Nazione drammaticamente inquinante e che su questo aspetto si è costruita una brutta fama nel mondo. Si dice che è solo grazie a questo approccio che non tiene conto della salute e dei diritti  dei propri cittadini (per quanto produca anche per noi e ne siamo quindi complici) che riesce ad avere i livelli di crescita che la caratterizzano, ma che nessuno vorrebbe abitarci.


La Cina è in effetti il Paese che nel mondo inquina di più. Ma è anche il Paese che produce più energia verde, il che significa che il retaggio del passato è una cosa, ma il programma per il futuro è già chiaro e su quello sono stati investiti capitali più che in ogni altro Paese del mondo. Questo significa programmare il futuro da parte di una classe dirigente non prona alle richieste di una classe imprenditoriale dedita solo al guadagno sull’immediato com’è tipicamente il caso dell’Occidente.

L’attenzione spasmodica all’interesse nel presente è storicamente il viatico alla sconfitta nel futuro, lezione non ancora imparata dalla classe politica occidentale.


Rimettendo costruttivamente in discussione questo tipo di sviluppo, potremo non solo rifiutare a priori questo tipo di progresso, ma anche proporre un’alternativa concreta per un mondo diverso. Un mondo in cui i nostri nipoti vivranno meglio di noi e magari sorrideranno amaramente dei loro nonni che per secoli sono stati abbarbicati su un tipo di sviluppo economico basato sul disinteresse nonostante questo portasse alla morte di varie forme di vita.

Un’involuzione innescata dall’industrializzazione mondiale e mai messa in dubbio, senza capire che la biodiversità e quindi il rispetto per l'ambiente, gli animali e qualunque forma di vita sulla Terra è stata ed è tuttora fondamentale all’evoluzione della vita sul pianeta Terra.


Una vergogna etica alla quale ha dato il suo usualmente silente contributo il Vaticano.

 

 

Riferimenti:

 

1) Oltre il nucleare: Note sull’esaurimento dell’uranio

http://www.oltreilnucleare.it/index.php?option=com_content&view=article&id=257:note-sullesaurimento-delluranio-di-mario-agostinelli&catid=17:blog-demo&Itemid=9

2) Un Focus sulle Centrali Nucleari: Costi e Tempi di Produzione e Smaltimento delle Scorie

http://titano.sede.enea.it/Stampa/skin2col.php?page=eneaperdettagliofigli&id=127

3) Speculazione edilizia e nucleare

http://www.uncommons.it/pagine/articolo.php?id=156

4) Costi e tempi dello smantellamento di una centrale

http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_decommissioning

 

 

5) Germany 'not satisfied' with nuclear fusion spending

http://euobserver.com/9/32303/?rk=1

 

 

Ma quanta energia nucleare importiamo?

6) http://folliaquotidiana.wordpress.com/2011/03/

 

 

Produzione italiana di energia elettrica da fonti rinnovabili

7) http://it.wikipedia.org/wiki/Energie_rinnovabili#Produzione_italiana_di_energia_elettrica_da_fonti_rinnovabili

 

 

8) Flavio Gori: Le Previsioni della IEA per il 2035 (e quanche riflessione più o meno a margine)

Essere Comunisti anno IV n. 21

 

 

9) IEA: Renewable energy is essential for limiting global temperature increase, say experts

http://www.iea.org/index_info.asp?id=1903

10) Collasso: Come le società scelgono di morire o vivere.

Autore Diamond Jared, ed Einaudi.

 

11) Flavio Gori: Miopia dell’Occidente e sguardo lungo della Cina su Essere Comunisti anno V n. 22

Ultimo aggiornamento Lunedì 31 Ottobre 2011 15:09