Il Premio Primo Boselli 2011 e le riflessioni che mi ha portato

Venerdì 07 Maggio 2021 12:40 amministratore
Stampa

A distanza di dieci anni, ho deciso di ripubblicare questo articolo, a suo tempo apparso anche sulla rivista RadioRama, per ricordare uno dei momenti più belli della mia attività nel campo delle onde radio e in particolare delle onde che si situano nella gamma lunghe e lunghissime, dove fino agli anni '90 in pochi si avventuravano e che molto spesso venivano definite come il regno del 'rumore' ma che per me erano un 'tesoro nascosto e dimenticato'.

Nel ringraziare ancora gli amici dell'AIR, lascio praticamente inalterato il testo, compreso e soprattutto alcuni aspetti dell'approccio alla ricerca che dal mio punto di vista sono tuttora importanti e dove non vi sono state discussioni adeguate, naturalmente dal mio punto di vista.

Buona lettura!


fg

 

 

 

Il 7 maggio 2011 resterà una data importante nell’arco di ciò che è capitato nella mia vita di appassionato radio. In quel di Vicoforte in provincia di Cuneo ho avuto il piacere e l’onore di ricevere il Premio Primo Boselli 2011 da parte degli amici dell’Associazione Italiana di Radioascolto.

Si tratta dell’Associazione con cui ho mosso i primi passi nell’affascinante hobby delle onde radio nel non troppo vicino 1989. Quell’estate trascorsi le mie vacanze nelle isole Azzorre accompagnato, oltre che da mia moglie, da un numero saggio di Radiorama, la Rivista dell’AIR che riportava, ancora lo ricordo, un ottimo articolo di Massimo Petrantoni che spiegava con la consueta perizia il decoder della Wavecom W 4010 (vado a memoria, spero di ricordare bene).

Da allora ho scandagliato un po’ tutti i campi del radioascolto, dalle Stazioni Broadcasting, alle Utility, fino a quando il tarlo delle onde lunghe non ha cominciato a punzecchiarmi e condurmi alle VLF o Very Long Frequency, le onde molto lunghe che inglobano frequenze che vanno da 30 KHz a 300 Hertz. In questa banda si ascoltano per lo più segnali di carattere naturale, non prodotti dall’uomo, anche se non mancano stazioni militari e di radionavigazione, ultimi resti dell’epoca pre GPS.

Su queste frequenze ho fatto moltissime sessioni di ascolto e registrazione, sia in solitario che coordinate con amici e colleghi in Italia, Arabia Saudita e Stati Uniti. Ho conosciuto tante persone appassionate del ramo e sono arrivato fino alla NASA (come Coordinatore Europeo del Project Inspire, presso il Centro di Volo Spaziale Goddard, in Maryland) e poi in Norvegia quando mi fu chiesto di portare un contributo allo studio di in fenomeno molto particolare che viene ormai da anni definito il fenomeno di Hessdalen, dalla piccola valle norvegese in cui avviene. Si tratta di un fenomeno luminoso che viene attentamente studiato dall’inverno 1984/85 dai ricercatori di un college norvegese, Østfold, capitanati da Erling Strand e Bjorn Gitle Hauge.

Negli anni a tale college si sono via via aggiunti molti ricercatori internazionali, fra i quali credo sia giusto sottolineare la presenza di un gruppo di italiani che dal punto di vista scientifico ruotano intorno al Radiotelescopio di Medicina (Bologna), mentre per l’organizzazione si servono del supporto fornito dal CIPH (Comitato Italiano per il Progetto Hessdalen) di Bologna. Stelio Montebugnoli e Renzo Cabassi sono i riferimenti per i suddetti settori.

Dal mio punto di vista l’esperienza in Norvegia è stata molto formativa, sia per la collaborazione a ricercatori di primaria importanza sul posto, che per il supporto avuto seppure a distanza da alcuni scienziati della NASA come William Taylor, William Pine (Centro di Volo Spaziale di Goddard) e Dennis Gallagher (Centro di Volo Spaziale di Marshall).


Con loro ho discusso spesso anche a proposito di quello che per me è stata una delle questioni fondamentali: l’importanza del rumore nel determinare cosa abbiamo davanti. Molto spesso il rumore è visto come il fumo negli occhi, tanto che radio ricevitori, analizzatori software o analogici sono studiati per poter filtrare il più possibile salvo il segnale, ma dal mio punto di vista il rumore (non quello indotto dall’uomo) se non è parte del segnale, certamente può essere un aiuto a meglio capirlo. In certi casi il rumore è il segnale, intendendo con questo un evento naturale di cui potremmo non esser in quel momento a conoscenza e che magari esula dalle caratteristiche di quelli che già conosciamo.

 

Come dicevo in uno dei miei primi report dalla Norvegia, considero il rumore come l’acqua in cui nuota il pesce a cui stiamo dando la caccia. Nel nostro caso il pesce è il segnale, ma l’acqua, le sue increspature, gli spostamenti che compie, possono dirci qualcosa del pesce che stiamo cercando. Per questo ho sempre osservato con attenzione il rumore nel sonogramma.

Ricordo che nell’estate 2001 ebbi qualche difficoltà a farmi capire da Taylor sul perché mi interessavo così tanto del rumore, ma alla fine anche lui fu d’accordo su come potesse aiutarci a capire l’ambiente in cui ci stavamo muovendo.

Certo questo aumenta l’attenzione con cui dobbiamo studiare il nostro file audio e certamente questo implica una maggior dispendio di tempo ed energia, ma ciò non è a senso unico dato che può darci maggiori informazioni. Forse importanti.

Ecco, questo è il concetto base che ho imparato nei miei anni di dedizione alla radio e vorrei lasciarlo alla vostra considerazione, ai vostri commenti. Utilizzatelo se lo ritenete importante, dimenticatelo se non pensate sia utile, ma che sia almeno argomento di riflessione. Un po’ come ritengo utile riflettere sui trattamenti digitali delle registrazioni:

per un verso, la domanda che mi pongo è introducono o sottraggono qualcosa alla registrazione originale?

dall’altro mi chiedo fino a che punto possiamo prendere per verità quello che un software ci restituisce. Esso (come ogni strumento di misura) è figlio diretto della scienza e della tecnologia che oggi prendiamo a riferimento, ma non è detto che domani sarà ancora così, con tutte le conseguenze del caso. Potrebbe ad esempio introdurre errori che ci possono portare lontano dal risultato. Dico questo per far si che la mente umana e la sua capacità di critica, direi filosofica, abbiano ancora la meglio sugli strumenti.

 

Utilizzare tutto quanto la scienza e la moderna tecnologia ci mettono a disposizione è giusto e corretto, ma a parer mio è anche necessario mantenere il concetto che noi siamo esseri analogici, non digitali. E se prendiamo a riferimento quel che noi osserviamo (un riferimento va pur preso, consci che a seconda di quale riferimento prendiamo avremo una realtà) non è detto che la tecnologia digitale sia il non plus ultra.

Mi rendo conto di essere in un viottolo poco frequentato, specie in questi ultimi anni, ma pazienza. Si tratta del risultato di una riflessione lunga molti anni che non ingloba solo aspetti tecnico/radiantistici e che non pretende di dare verità assolute. Solo spunti di riflessione. In fondo come diceva Werner Heisenberg nelle sue Relazioni di Indeterminazione che sono alla base della Meccanica dei Quanti, più conosciamo la posizione di una particella, meno conosciamo la sua velocità e viceversa. Ovvero: più ne sappiamo di un aspetto, più ne perdiamo di altri. Non esiste la misurazione perfetta e allora dal mio punto di vista, l’invito è a includere nella misurazione, non a escludere.

Avremo un’idea più completa di quello che ci gira intorno.


Concludo ringraziando gli amici dell’AIR per questo premio e con un invito a tutti (me per primo) alla riflessione non solo tecnica sulle onde radio. D’altro canto la Meccanica dei Quanti, la Relatività e molte altre Teorie sono state possibili grazie anche a una serie di profonde riflessioni filosofiche. Contribuiamo a far lavorare di nuovo insieme queste discipline!



Flavio Gori

Ultimo aggiornamento Venerdì 07 Maggio 2021 13:21